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Wedding time? I’m ready for…

Cari lettori,

inutile negare che la stagione estiva, oltre a regalare tante cose belle è anche il periodo in cui si ricevono inviti per interminabili quanto inevitabili matrimoni. Nulla di male, intendiamoci, se non fosse che noi maschietti siamo spesso obbligati ad un dress code piuttosto impegnativo. In fondo il gentil sesso può scoprire spalle e gambe quasi a piacimento, mentre per noi la faccenda si complica un po’, a meno che non abbiamo al massimo 10 anni…

Banditi short  e sneakers ci tocca andare ad aprire l’armadio e fare il famoso, quanto tragico, punto della situazione. Chi per lavoro non è obbligato ad indossare abiti eleganti, si troverà in netta difficoltà, poichè troverà nel suo guardaroba solo qualche abito comprato in occasione di eventi passati che, come loro sarà appunto…andato!

Ad ogni modo, che l’abito sia la nostra divisa da lavoro oppure rappresenti l’antitesi del nostro essere quotidiano, in caso di matrimoni ci sono da seguire poche, semplici ma ferree regole. Escludendo il caso in cui il matrimonio sia il nostro, in tutti gli altri casi una prima, fondamentale distinzione è sapere se la cerimonia è diurna o serale.

Nel primo caso siamo mezzi salvi 🙂 A seconda anche della location e del “livello” sociale delle persone che si sposano e del nostro legale parentale con loro, è possibile anche cavarsela con uno spezzato giacca-pantalone. In questi casi pantalone grigio chiaro in fresco di lana e giacca blu con camicia bianca, o anche celeste molto chiaro possono rappresentare un valido pass par tout. Scarpe mai troppo chiare, opterei sempre per un cordovan marrone scuro oppure il classico nero. Cravatta a piacere, come il tema in classe 🙂 facendo però attenzione a non esagerare con fantasie anni 80 (se non vintage ed allora è un altro discorso) e pupazzetti vari.

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Discorso diverso se nel biglietto di invito si richiede espressamente un certo tipo di abbigliamento, come ad esempio tight, mezzo tight o comunque abito scuro. In questi casi non si scappa…bisogna vestirsi in modo appropriato! Però, a guardar bene, dal momento che è l’invito stesso che ci “consiglia” come vestirci non vi nascondo che a me la cosa piace, poichè è quasi impossibile sbagliare. Abito blu, scarpa nera, camicia bianca ed una buona dose di buone maniere nel taschino e saremo sempre impeccabili!

Se l’evento è di sera i toni si scuriscono e così come l’abito femminile si allunga ed il tacco si fa importante, anche per l’uomo è necessario che l’abito sia intero, non spezzato, e la scarpa rigorosamente nera! Dopo le 18, infatti, galateo impone che la scarpa diventi nera e la camicia bianca, così come la cravatta si scurirà nei toni del blu, nero, grigio.

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Tutto chiaro? Bene, ora non vi resta che godervi il matrimonio (degli altri) e pensare, eventualmente a quando toccherà a voi!! 🙂

Alla prossima!

Alessandro

“Erreffe” la camicia a Roma

E’ inutile negare che per l’uomo la camicia è come una seconda pelle. Dev’essere bella, comoda ma soprattutto seguire, attraverso colori e tessuti, i mutevoli stati d’animo della natura umana. Dopo aver già affrontato l’argomento “camicia” a livello filosofico e tecnico mi è sembrato maturo il tempo di “toccare con mano” e conoscere chi, della camicia ne ha fatto una ragione di vita… cats6Fabrizio Martucci ha fondato la “Erreffe” camicie nel 2005, e dopo anni di “gavetta” conto terzi ha saputo imprimere alle sue creazioni quel “tocco magico” che lo sta ripagando non solo a livello di vendite ma anche, e soprattutto di soddisfazioni personali. Il punto vendita a Roma, in zona tribunale è accogliente e ricco di dettagli “a vista” che richiamano quel mondo artigiano che oggi sembra essersi un po’ perso dietro le confezioni dei grandi “brand”. Perdersi è semplice tra la moltitudine di tessuti e colori che “invadono” il negozio e solo l’esperienza ed il buon gusto di Fabrizio e della moglie Roberta aiutano a creare step by step la “nostra camicia”.

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Tuttavia, è entrando nel laboratorio, vero head quarter, che si capisce il perché del successo di quest’azienda a conduzione quasi familiare. Pochi fronzoli, strumenti di lavoro puliti ed ordinati e quel silenzio di chi lavora duro ed ha poco tempo per le chiacchiere, eccetto oggi, in cui il titolare, Fabrizio ha accettato di aprire le porte della sua azienda.

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2014-05-13 17.03.31D. Cosa distingue la “Erreffe” dalle altre aziende che producono e realizzano camicie e qual’è stato secondo lei, il motivo del suo immediato successo sul mercato?

R. Fin da subito ci siamo prefissati di soddisfare un cliente esigente, che mette la camicia per lavoro e vuole sentirsi al tempo stesso comodo ed elegante in ogni momento della giornata. Avvocati, commercialisti, notai, giudici sono i clienti abituali del negozio di Piazzale Clodio e sono loro che giorno dopo giorno hanno decretato, tramite il passaparola il successo che tutt’ora ci accompagna. Certo abbiamo impostato tutto il processo produttivo all’insegna della qualità, come ad esempio le nostre cuciture, rigorosamente fatte “all’inglese” nel su misura, oppure la manica che da noi viene “aggrappata” al busto e non cucita tutta insieme, sono tutti elementi che ancorchè invisibili nell’immediato hanno prodotto nel medio periodo un ritorno in termini di vendite e di feed-back positivi. Inoltre grande attenzione ai tessuti. Albini, Ferno o anche Riva sono nel vocabolario della nostra azienda fin dal principio, e coniugati con una lavorazione artigianale ed attenta al dettaglio ci permette di dare al cliente un prodotto di gamma medio/alta ad un prezzo assolutamente competitivo.

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D. La realizzazione delle vostre camicie viene affidata “fuori”o realizzata “in house”?

R. In controtendenza con le recenti evoluzioni dei mercati, che esternalizzano o spostano le produzioni per risparmiare, alla Erreffe tutti i “passaggi” sono fatti in casa. E così prendere le misure, realizzare il disegno, tagliare, plastificare, cucire e rifinire la camicia sono tutte fasi di lavorazione che i dipendenti dell’azienda realizzano ogni giorno, creando quella sinergia e quell’affiatamento che ci permette di aumentare costantemente i volumi di vendita, senza in alcun modo inficiare la qualità. 

cats4D. Quali sono le ultime tendenze in fatto di camicie?

R. Diciamo che tramontati ormai i maxi colli, oggi si tende al minimalismo, al collo ad un bottone, sia esso alla francese o botton down, fermo restando che possiamo offrire alla clientela una scelta tra circa cinquanta colli differenti. Sul profilo tessuti, ai classici oxford, zephir, popeline, twill lavorati in molteplici modi al fine di ottenere quasi infinite combinazioni di trama, abbiamo affiancato un tessuto che chiamiamo “not iron”, ossia “no stiro” capace di rimanere quasi perfetto dopo il lavaggio. Il futuro è senz’altro in questa direzione senza tralasciare il ritorno al colore. Il professionista che tutta la settimana indossa il bianco e celeste, nel week-end ha voglia di osare ed ecco, quindi, una linea di tessuti floreali, assolutamente di tendenza per la prossima estate 2014.IMG_4598 Infine, accanto alla linea “tailored” l’azienda mette a disposizione della sua clientela anche una zona “ready to wear” dove è possibile acquistare camicie già pronte, oltre ad un fornito reparto di accessori uomo, che spazia dalle cravatte e papillon, fino all’intimo, con la possibilità di farsi confezionare il proprio boxer nella stessa trama, tessuto e colore della camicia. A questo punto l’unico problema che rimane è riuscire a scegliere tra i centinaia di tessuti, trame e colori a disposizione… 😉

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A presto 

♣♣ Aboutaman ♣♣

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Less belts…more braces!

Le bretelle da uomo rappresentano un vero e proprio elogio dell’eleganza sobria e mascolina degli inizi del ‘900, quando venivano portate da tutti i dandy di alta classe. Il loro ritorno sulle “scene” è a tutti gli effetti, un tuffo nel passato e nella storia centenaria, che accompagna la loro nascita.

Cenni storici: difficile dare una data certa poiché, forse, le bretelle sono sempre esistite come accessorio per “tener su” i pantaloni. Volendo essere più accademici possiamo dire che le prime bretelle o simil tali comparvero durante la Rivoluzione Francese. Tuttavia, le bretelle, così come le conosciamo oggi sono state ideate da Albert Thurston nel 1822 e fin da subito Re, principi e primi ministri le acquistavano nella sua boutique a Londra. Formate da due fasce parallele sul davanti, ad X o ad Y dietro, si potevano agganciare ai pantaloni tramite fibbie, morsetti o bottoni.

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E se la nascita delle bretelle moderne si può associare all’Inghilterra (braces), molto amate lo sono anche negli Stati Uniti (suspenders), ma per ragioni diverse. Gli americani le prediligono per la loro comodità e praticità e forse anche perché sono un po’ nostalgici. Per gli inglesi invece si tratta perlopiù di un attaccamento alla tradizione. Nell’Europa continentale ad indossare le autentiche bretelle inglesi, quelle che si abbottonano alla cintura dei pantaloni, sono soprattutto dandy anglofili e zelanti commessi di negozi di articoli maschili.

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Motivi di praticità avevano fatto pian piano accantonare quest’accessorio in favore delle cinture, ma in questi ultimi anni la bretella ha ritrovato nuova linfa fino al punto di non essere più considerata accessorio “in panchina”, ma titolare a tutti gli effetti di un ruolo da protagonista nell’outfit maschile. Ovviamente, come spesso accade quando le mode tornano, non pensiamo che le bretelle siano state riproposte così com’erano in origine. Infatti c’è stato un gran lavoro da parte degli stilisti che hanno saputo interpretare in chiave moderna, forme e materiali, regalando a questo accessorio un rinnovato “appeal”.

Che la si indossi sotto una giacca di tweed o sotto un abito da cerimonia, l’effetto sarà sempre originale, così come particolare sarà l’effetto indossando le bretelle sopra la camicia, tenendole quindi bene in vista. Certo i puristi storceranno un po’ il naso a quest’ultima affermazione, dal momento che anticamente il buon gusto imponeva di coprirle, essendo assimiliate ad un capo di biancheria. Poi la scomparsa del panciotto, ha reso l’oggetto “bretelle” esteticamente inviso alla sensibilità comune e pertanto i gentiluomini che avevano gioco facile con i “gilet” (peraltro tornati di gran moda ultimamente!) si sono dovuti arrendere all’esibizione ormai quasi sfacciata della bretella.

images (8)images (10)Se, quindi, indossare le bretelle “a vista” è stato in parte sdoganato rispetto ai dogmi di inizio ‘900 che la volevano rigorosamente nascosta, la regola che, invece vale sempre è quella di non indossare le bretelle insieme alla cintura; se un buon paio di bretelle può far guadagnare oggi anzianità nella considerazione sociale di un gentleman, con la medesima solerzia questa svanirà nel momento in cui il gentiluomo in questione decidesse di utilizzarla insieme alla cintura. Al riguardo vale la pena ricordare la frase di un celebre film di Billy Wilder, “L’asso nella manica” allorché nel lontano 1951 riportava il seguente dialogo: “Ho mentito a uomini che avevano la cintura e a uomini che avevano le bretelle, ma non sarò mai così sciocco da mentire a un uomo che porta cintura e bretelle“.

Tessuti: Il classico per le bretelle è il Box Cloth, costituito da una stoffa spessa e quasi felpata, caratterizzata dal fatto di non allungarsi (contrariamente ai modelli elasticizzati oggi in commercio); i dettagli sono realizzati in ottone e pelle di capretto.

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Un’alternativa valida e più pratica al box cloth è rappresentato dalla seta o dal rayon, oppure da fibre sintetiche. Oggi sono regolabili in base alla propria fisicità ma in pochi sanno che prima dell’arrivo delle pinze regolabili, le bretelle erano divise per taglia, proprio come le cinture.

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A chi sono consigliate: paradossalmente le bretelle risultano essere indicate, in particolar modo, per chi possiede fisici tra loro agli antipodi, per caratteristiche: i più grassi potranno indossare pantaloni dal giro vita particolarmente accentuato senza che questi debbano necessariamente – pur di non cadere ad ogni passo – “scollinare” oltre lo stesso; i più magri, al contrario, eviteranno la necessità di stringersi, fino alla soglia dell’afflizione, in cinture indispensabili a non far crollare i già pur stretti pantaloni. 😉

Personalmente la bretella mi riporta all’infanzia (lontana? Eh già…), ed all’abitudine di molte mamme di far indossare ai loro bambini quest’accessorio colorato per tenere su un jeans ancora troppo largo. Mia mamma non faceva eccezione 😉 Nostalgico? Non saprei ma questo è il mio ricordo più vivo about suspenders… 🙂

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Suggerimento: quando si indossano le bretelle, è bene far rimuovere i passanti dei pantaloni. Il gioco degli equilibri vale anche per questo tema, e quindi una bretella “regimental” è in genere più indicata con camicie in tinta unita, per evitare quello che con una pertinente sinestesia verrebbe definito “rumore visuale”, prodotto dall’abbinamento di troppe fantasie.

Vi lascio con una frase celebre di Oscar Wilde….

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Alla prossima

Aboutaman

Taste of sea…

Il calendario segna primavera ma nell’aria c’è già voglia d’estate e così ecco qualche scatto in riva al mare…temperatura 18° e leggera brezza ancora non invitano alla prova costume, ma ho avuto la sensazione di “evadere” dal cemento della città e spero di trasmettere anche a voi un po’ di questo “taste of sea”. 😉

Enjoy!

Wearing:

Pants: #Henry cotton’s tailored
Shirt: #Erreffe Rome  tailored 
Raincot: #Henry cotton’s double face
Shoes: #Church’s  blakeney brown
Cardigan: #Fire Trap 
Belt: #Eredi Pisanò
Sunglasses: Assoluto “my way”

Aboutaman

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“Tie or not tie”….this is the problem

La cravatta, così come la vediamo oggi è frutto di una lunga evoluzione storica che l’ha fatta divenire da oggetto di utilità ad oggetto ornamentale, o “accessorio” che dir si voglia. Oggi infatti, non troviamo più, nell’abbigliamento maschile, un ruolo “attivo” della cravatta che non sia quello di renderci più eleganti, quasi a sigillare, se mi passate il termine, il colletto della camicia e farci sentire “a posto”. Ma quali sono le origini e soprattutto l’evoluzione che ha portato la cravatta a diventare un simbolo indiscusso dell’eleganza maschile?

Così come un calzolaio vi dirà che dalle scarpe si capisce una persona, io penso che dalla cravatta, dal modo di annodarla, di portarla, (lasca o ben annodata) dal suo colore, tessuto possiamo capire chi abbiamo davanti. Se infatti la cravatta è un simbolo, può esserlo sia in positivo che in negativo, pertanto non ci improvvisiamo a conoscitori di tessuti, di nodi o di abbinamenti vari, perché il passo da uomini eleganti a uomini ridicoli è breve!

Cenni storici: C’è chi fa risalire la cravatta ai tempi dell’impero romano, allorquando i legionari la usavano per motivi igienici o climatici come pezzo di stoffa legato intorno al collo, con il nome di ” focale”.

Tuttavia mi sembra più realistico associare il concetto moderno di cravatta al XVII secolo, quando fece la sua timida comparsa con i mercenari croati durante la guerra dei trent’anni e quando, nel 1661 Luigi XIV istituì la carica di “cravattaio” del re, gentiluomo cui era assegnato il compito di aiutare il sovrano ad abbellire ed annodare la cravatta.

E’ però solo nel XX° secolo, che la cravatta avrà la sua consacrazione, e assumerà le vesti con cui oggi la conosciamo. Infatti è nel 1925 che il cravattaio americano Jesse Langdorsf brevettò una cravatta lunga, meno sgualcita e più stabile, e soprattutto fu il primo a tagliare il tessuto con un angolo retto rispetto alla direzione della trama invece che parallelamente. Il brevetto fu registrato sotto il marchio “Resilio” ed a partire da quel momento nella creazione di cravatte è cambiato ben poco. I prodotti si differenziano soltanto per quanto riguarda la qualità dei materiali e del rinforzo, nella quantità del tessuto lavorato e la percentuale di lavoro fatto a mano.

download (2)download (1)La cravatta come simbolo: tranne che per il periodo degli anni sessanta e settanta, in cui la cravatta è stata associata al simbolo della classe dominante e indicatore di idee civili, la cravatta è sempre stata un accessorio neutrale. A maggior ragione oggi, chi sceglie di indossare la cravatta, lo fa volontariamente e senza una sovrastruttura ideologica, ed anzi, si nota un ritorno anche delle nuove generazioni a riscoprire la cravatta, magari in stile “preppy”, ossia impersonando quella sub-cultura nata negli States durante gli anni ’70 all’interno delle preparatory school, ossia quelle scuole che indirizzavano i ragazzi agli studi superiori, da cui appunto il nome di “preppy”. La cravatta sta vivendo una seconda giovinezza.

Tessuto: Le migliori cravatte sono interamente realizzate in seta. Fra tutti i tessuti nessuno possiede caratteristiche in termini di resistenza, brillantezza e flessibilità più adatti alla realizzazione di cravatte. Detto questo, esistono anche cravatte in lana e/o cachemire, che si sposano benissimo con tessuti invernali come flanelle e “tweeds”, e sul versante estivo cravatte in lino, misto lino/seta e “popeline irlandese” (misto seta e lana). Per quanto riguarda l’interno, la fodera in lana è un “must” che rende possibile non solo la realizzazione di bei nodi, ma permette anche alla cravatta di ritrovare rapidamente la forma originaria una volta sciolto il nodo. Le buone cravatte sono realizzate a mano, e se parliamo di cravatta di alta categoria, questo punto non è assolutamente negoziabile: una cravatta così realizzata non è mai né rigida né inerte, ma, al contrario, sempre morbida e liscia. Se, ciò nonostante, la cravatta non è realizzata integralmente a mano è fondamentale che almeno la piega della parte interna sia fermata, alla due estremità, da un punto cucito a mano, e così anche la cucitura della “colonna vertebrale” deve essere particolarmente fluida (tecnica chiamata “slip stitch”), in modo da lasciare alla cravatta quella libertà necessaria affinché possa ritrovare facilmente la sua forma.

Curiosità. Se sul retro le due parti della colonna vertebrale sono cucite in modo molto serrato, quella che avete di fronte è una cravatta di qualità mediocre realizzata a macchina. In compenso, se la cucitura vi sembra un po’ lassa significa che è stata fatta a mano e quindi la cravatta è realizzata secondo le regole tradizionali dell’arte sartoriale.

Il lato interno di ogni estremità (“tipping”) dovrebbe essere del medesimo materiale della cravatta stessa. Sulle cravatte di qualità queste non sono nemmeno ricoperte, dato che la cravatta è realizzata integralmente a partire di un “carré” di seta piegato sette volte, senza fodera, in modo che sia la seta stessa a fornire spessore all’oggetto.

Purtroppo oggi, i costi di produzione in continuo rialzo e la concorrenza cinese hanno contribuito a far si che l’interno della cravatta sia fatto in altro materiale più economico.

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Pertanto, scendendo di un gradino la scala della qualità troviamo le cravatte chiamate “quattro pieghe” (double four foulds), dall’apparenza simile alle “sette” pieghe, con la differenza che utilizzano meno seta, che sono foderate e le estremità sono ricoperte. Evidentemente, queste raffinatezze sono esclusivamente psicologiche, dato che solo colui che indossa la cravatta è in grado di notare queste differenze, ma come detto in altre occasioni il vero lusso è ciò che gli altri non vedono 😉

Larghezza della cravatta: la larghezza di una cravatta inglese tradizionale è di 3 pollici e ¼ (8,2 cm), anche se in Italia spesso preferiamo cravatte più larghe, rischiando a volte di esagerare. Il limite superiore, da non superare mai è 4 pollici (10,2 cm), oltre siamo al circo!!

Quando si tratta di scegliere quale cravatta portare con quale camicia o quale giacca, due cose devono essere prese immediatamente in considerazione: il colore e il livello di formalismo. Per quanto riguarda il colore, quello predominante nella cravatta dovrà riflettere un colore presente nella vostra camicia o nella vostra giacca, oppure essere complementare ai due, come una cravatta gialla portata con un “blazer” blu e una camicia blu e bianca.

pal2palSe la vostra cravatta presenta due o più colori di densità uguale, allora almeno uno di questo dovrà riflettere un colore presente nella vostra camicia o nella vostra giacca, e gli altri non dovranno aggredire i colori di queste. Le cravatte con tre o più colori sono ammesse unicamente se accompagnate da abiti dai toni particolarmente discreti. Per tutto il resto, c’è sempre il circo!! 😉

Per quanto riguarda invece il livello di formalismo necessario, uno degli assiomi di partenza è che le cravatte scure sono più formali di quelle più chiare. E che qualunque sia il tipo le cravatte di seta sono sempre più formali di quelle fabbricate in lino, in lana o in cachemire.

Le cravatte in tricot con un fondo dritto sono le meno formali di tutte e si abbinano bene con i colli “button-down” e delle giacche sportive, o dei completi informali in tweed.

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Le cravatte club, con dei piccoli disegni su fondo unito, sono le successive sulla scala del formalismo. Se le insegne sulla cravatta rappresentano un club specifico o una scuola della quale non avete mai fatto parte, non dovreste indossarla.

Qui sotto, da sinistra a destra le cravatte regolamentari dell’università di Liverpool, della Royal Air Force e dell’università di Cardiff.

Le cravatte a righe (o regimental) sono, in generale, abbastanza informali, ma tutto dipende dal modo con il quale sono portate e dal colore, perché possono anche raggiungere buoni livelli di formalismo. Molto versatili, si sposano a meraviglia con le camicie a quadri, e dovrebbero far parte di ogni guardaroba maschile, dato che possiedono due qualità non trascurabili: quella di snellire i volti troppo larghi e di affilare quelli troppo dolci. Nate in Inghilterra come simbolo di appartenenza a uno specifico reggimento militare, (da cui il nome di regimental) o a una particolare scuola, ne esistono ovviamente di fantasia, senza alcun collegamento con alcuna istituzione esistente.

La scelta migliore in tema di regimental è, a mio avviso, di portare le regimental c.d. “italiane”, che non solo non hanno alcun legame con particolari scuole o unità militari, ma sono anche caratterizzata da una variazione nell’intensità delle righe, facendone variare la dimensione. Al contrario, le righe inglesi sono sempre uniformi e realizzate con del Reps di seta.

Curiosità. Tradizionalmente, le righe devono scendere da sinistra verso destra (dal punto di vista di colui che indossa la cravatta), ma alcune “maisons” come la statunitense Brook Brothers propone espressamente cravatte con motivo invertito, dunque da destra verso sinistra, per distinguersi dai britannici.

 Se siete arrivati fino a questo punto vorrete però sapere come si annoda una cravatta, giusto?? Richiesta legittima, che esaudirò in uno dei miei prossimi articoli!

Dimenticavo…un consiglio per il gentil sesso…”Dite ad un uomo che vi piace la sua cravatta e vedrete la sua personalità schiudersi come un fiore”.

Per i maschietti è sempre valido il buon Oscar Wilde…”Una cravatta bene annodata è il primo passo serio nella vita”.

Alla prossima!

Aboutaman