vestire bene

Solaro…ma non per tutti…

Cari readers,

è sempre difficile avventurarsi su terreni poco esplorati, o per così dire “di nicchia”. Il rischio di cadere in errore, o al contrario di annoiare è dietro l’angolo, per questo la storia di oggi ve la racconto partendo da lontano… (more…)

Foglie e quadri…l’autunno è servito

Cari readers,

in questo periodo tra l’influenza e gli operai in casa il tempo per scrivere è stato poco…nonostante ciò ho deciso di regalarmi qualche scatto in questo l’autunno caratterizzato da colori e profumi che non passano inosservati. E allora ho pensato che l’abbinata perfetta tra un cielo plumbeo e le foglie caduche non poteva che essere il mio nuovo completo di “suite supply” che è stato per così dire made to measure grazie alle sapienti mani della mia sarta. L’abito è stato infatti aperto completamente e modellato su di me, diventando, se non proprio  bespoke, qualcosa di molto simile. Il fondo dei pantaloni è stato “lasciato” a 16,5 centimetri e la manica della giacca chiude a 13,5. Gli spacchi laterali posteriori sono di 24 centimetri ed il rever è di 9. L’abito è stato poi stirato a due bottoni, pur essendo di nascita un tre . Asole funzionali e bottoni in corno completano il lavoro.

Inoltre ho pensato che, essendo l’abito abbastanza “vistoso” nei colori e nella trama, andasse “mitigato” con mocassini dalla linea semplice, cravatta a contrasto ton sur ton, bretelle e qualche accessorio dal sapore autunnale.

Spero l’effetto finale vi piaccia!

Alla prossima…

Aboutaman

Wearing: suitesupply suite// doucal's loafer// fellini tie//erreffe shirt// henry cotton's coat// rolex vintage watch// rayban sunglasses

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Streetstyle on my new “Vespa”

Cari readers,

sarà capitato anche a voi di ricevere un regalo di cui non sapete che farne, o non esattamente di vostro gradimento…magari un set di coltelli o una sciarpa “made in china”…chiaramente è successo anche a me e spesso il regalo è stato ben presto dimenticato, nel migliore dei casi, in qualche cassetto; ci sono poi quei tre o quattro regali che si ricordano per semp re, perché incredibilmente “fanno centro”.

Il mio ultimo compleanno era iniziato con il pensiero di essere ormai a pieno titolo dentro “gli anta” e quindi non si preannunciava troppo appetibile dal punto di vista anagrafico… ed in verità, è da quando hanno iniziato a darmi “del lei” che non trovo ci sia più molto da festeggiare 🙂 Beh mi sbagliavo…

2014-10-06 18.28.38Quest’anno, nel biglietto di auguri che mia moglie ha come sempre trasformato in poesia, ho trovato anche una chiave con relativo portachiavi…inequivocabilmente sapeva di andare sul sicuro ma di certo non mi aspettavo tanto…il tuffo nel passato è stato immediato ed i ricordi più belli sono tornati alla mente quando, diciottenne, me ne andavo spensierato al mare in sella alla mia vespa 🙂

Un bel “verdone” british con tanto di sella tabacco fanno innamorare anche gli scettici e così, un coup de coeur e siamo diventati inseparabili. Ovviamente, il confronto con il mezzo dell’epoca è schiacciante, la “nuova” vespa è migliorata, senza però tradire le linee ed il fascino che l’hanno resa famosa in tutto il mondo.

Vi lascio qualche foto di quella che ritengo un’operazione “vintage” molto “azzeccata”, di questi tempi in cui c’è grande voglia di anni 80, resi però attuali da un bel mesh-up tecnologico.

Alla prossima!

Aboutaman

Wearing: //Lardini Jacket  //Santoni shoes // Dandy’s trousers //H&M bag //Erreffe shirt //Cenci tie //Rayban sunglasses //Lorenz watch //LML Star automatic 150 Motorbike

 

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La giacca napoletana svela i suoi segreti… la grande bellezza

Cari readers,

mi viene in mente un recente film che ho visto da poco, “La grande bellezza”, e non riesco a non pensare alla perfezione di uno smoking con i revers a lancia, alla manica “a mappina” di una giacca tagliata impeccabilmente, al volteggio segreto di una pochette che si affaccia da un taschino dell’acclamato protagonista Joe Gambardella, il personaggio che Tony Servillo interpreta nel film. Con le sue giacche colorate e la sua insolente eleganza, ha conquistato i dandy di tutto il mondo.

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A mio modesto parere, tutto questo clamore intorno al personaggio, discutibile, ma senz’altro affascinante, non fa altro che avvicinare anche i più scettici al meraviglioso mondo del “su misura”. Ricordo, infatti che alcuni degli abiti indossati da Tony Servillo nel film sono stati per lui confezionati dalla Sartoria Attolini….quell’Attolini (Vincenzo) a cui si attribuisce la nascita della giacca “svuotata”, o a camicia, tratto distintivo della sartoria partenopea.

Pertanto, mosso dalla curiosità di approfondire l’immaginario percorso intrapreso nel precedente articolo, il focus oggi riguarda la parte alta della giacca napoletana, ossia il bavero ed il collo. 

Il bavero (revers)

Il bavero della giacca ha un fascino incompreso. La moda, con qualche rara eccezione, lo vuole piccolo, stretto, quasi infinitesimale. La sartoria, per fortuna, lo fa largo, bello, adeguato al torace e alla personalità di chi lo indossa. Una volta un sarto disse: “Più il bavero è largo, più la giacca sembrerà stretta in vita”. Si riferiva all’effetto ottico per cui un bavero grande copre di più il davanti della giacca, facendolo sembrare più piccolo. Di norma, la sua larghezza dovrebbe essere proporzionata alla statura della persona. Dieci, undici o dodici sono i centimetri preferiti in sartoria, contro gli otto, i sette e a volte anche sei centimetri delle giacche di confezione.

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Il bavero “a lancia”, tipico del doppiopetto, è più formale, ma può anche dare un tocco di stile ad un semplice abito mono petto. Tradizionale, “a lancia” o “a scialle” che sia, la magia del revers sartoriale sta nel suo disegno a mano sul cartamodello. Il risultato è una “pancia” o una punta ogni volta diverse. C’è chi lo fa più pesante, mettendo all’interno tela, crine di cavallo e pelo cammello, come da tradizione nella sartoria milanese; c’è chi lo fa leggero, come a Napoli, inserendo solo uno strato di tela da 150 grammi; c’è chi, infine, non mette nemeno la tela all’interno, preferendo il cotone. Un consiglio: per avere conferma che un bavero è sartoriale, bisogna guardare al di sotto. Si troverà una nuvola di punti con la funzione di fermare il tessuto sulla tela.

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Il collo

Tratto distintivo della giacca, inoltre, è il collo. La sartoria napoletana lo preferisce alto, mentre le scuole sartoriali nordiche sono più inclini a farlo basso. E’ una zona particolarmente delicata della giacca, perché è lì che l’occhio esperto cade per vedere se il capo ha una buona vestibilità; infatti una regola unanimemente approvata in questo campo è sicuramente quella per cui il collo della giacca non deve “scollare”: la giacca, quando è abbottonata, deve stare attaccata al colletto della camicia, specialmente sul dietro, nonostante i movimenti. Questi ed altri dettagli fanno la differenza tra un capo solo “costoso” e un capo “fatto bene”.

Il “cran”

Il “cran”, termine che oscilla tra il cacofonico e lo sconosciuto. Divenuto celebre a Napoli con il più affabile nome di “sgarzillo”, è quell’angolo che si crea tra il collo e il bavero; normalmente ha un’ampiezza inferiore a 90° ed è detto “a bocca di pesce”, molto comune sia in sartoria che nelle giacche di confezione. La celebre sartoria bitontina Sciamát ha registrato, invece, un cran a 90°, rendendo riconoscibili a distanza le sue rivoluzionarie giacche. La maggiore ampiezza è frutto di un bavero molto generoso che, andando quasi a sfiorare la spalla crea inevitabilmente un angolo retto tra collo e bavero stesso.

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Cran a 90°

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Cran a “bocca di pesce”

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Cran brevettato dalla sartoria “Sciamàt”

Alla prossima!

Aboutaman

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La giacca napoletana svela i suoi segreti…

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Cari readers,

spero le vostre vacanze siano andate bene. Le mie hanno lasciato una sola certezza…sono finite 🙂

E’ quindi tempo di tornare pian piano alle solite abitudini e così, con rinnovato entusiasmo riprendo l’immaginario percorso volto a  raccontare quel mondo del menstyle a me caro, nella speranza di rappresentare, per chi legge, una sana e costruttiva distrazione dai propri impegni quotidiani.

In molti (in realtà i quattro fedeli amici che mi seguono assiduamente 🙂 ) mi chiedono quali siano i tratti distintivi di una giacca “napoletana”, perché oggi si parla tanto, di mappine, rollini, sgrazilli e barchette, ma ho capito che c’è una certa confusione sull’argomento ed in fondo, in pochi, davanti ad una giacca sono davvero “preparati”. E così nelle vetrine dei negozi si leggono spesso parole quali tailored, bespoke, sartoriale, che non fanno altro che alimentare la confusione sull’argomento.

Ovviamente non ho la presunzione di far tornare il sereno nel cielo delle incertezze sartoriali, ma almeno mi sia concesso di far “passare” qualche raggio di sole, che permetta a chiunque di saper riconoscere le caratteristiche specifiche che connotano la giacca napoletana, oggi vero e proprio must have nel guardaroba maschile.

Nei miei precedenti articoli, oltre a qualche cenno storico ho già individuato alcuni tratti distintivi della giacca napoletana, quali il fatto che, nel monopetto è a “tre bottoni ma viene stirata a due”, ha un collo alto e presenta spacchi laterali profondi, che in molti casi possono arrivare anche ai 28-30 cm. La tasca applicata, invece, è a pignata, per la sua forma peculiare, simile a quella di una pentola. La tela all’interno è leggera, la fodera è a metà o è assente. La ripresa (pence) sul davanti si fa fino al fondo, il taschino in petto è a barchetta e i bottoni sulla manica sono uno, per il blazer sportivo e due distanziati, per l’abito. I revers sono ampi, in genere non meno di 8-10 cm.

Tutto chiaro? Ovviamente no e così ho pensato di mettere una lente di ingrandimento su ciascuno di questi elementi, così da chiarire meglio i singoli concetti.

La manica “a mappina”

images (1) La manica con l’aria vissuta, che non disdegna le pieghe all’attaccatura, dà la possibilità di muoversi con disinvoltura, senza mai conferire un aspetto ingessato, ma rilassato e disinvolto. La “repecchia” o “mappina” è proprio quella caratteristica che presupponendo un giromanica “a camicia”, si ottiene lavorando sulla lentezza della “tromba” della manica. Quest’ultima avrà un’ampiezza maggiore del giromanica e così quando si unisce la manica al giro si avrà proprio quell’effetto che fa effetto “straccio” o, appunto “mappina”, conferendo nel contempo alla giacca una maggiore elasticità nei movimenti della spalla.

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Uno dei “sostenitori” della manica a “mappina” è senz’altro Valentino Ricci, co-fondatore di Sciamàt, del quale ho già parlato qui. Infatti, nelle sue creazioni è evidente la piegatura che si forma sulla manica, che conferisce quell’aria vissuta e quasi “spiegazzata” alla giacca. Nello specifico il giromanica è molto stretto rispetto alla manica e così l’effetto voluto e creato è quasi un “arricciamento” della manica sulla spalla.

ModelloRegistratoSciamat-300x350

La tasca “a pignata”

Altra caratteristica della giacca napoletana è il taschino sul petto, che a differenza del classico stile inglese viene tagliato leggermente concavo sull’orlo superiore, in modo che risulti simile al profilo di una barca o una pentola, a secondo della similitudine che più ci aggrada. Anche le tasche laterali, generalmente applicate ” a toppa”, secondo la tradizione partenopea sono spesso realizzate con lo stesso taglio a “barchetta” o, appunto “a pignata”. Si tratta di un vezzo estetico che non ha un rilievo funzionale ma è nel contempo uno dei tratti distintivi delle giacche napoletane.

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Prossimamente approfondiremo altri aspetti della giacca napoletana…e se nel frattempo vi è venuta voglia di una giacca su misura ed abitate a Roma o dintorni, potete rivolgervi agli amici della Sartoria Giuliva, vero e proprio “tempio” della sartoria napoletana a Roma, nonché profondi conoscitori ed amanti del “bel vestire”.

Alla prossima!

Aboutaman

 

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